il progetto
I
l
progetto
Acciaio
Liquido
nasce
quattro
anni
fa,
con
l’esigenza
di
scrivere
e
mettere
in
scena
un
testo
sulle
morti
bianche.
Ho
passato
più
di
un
mese
a
fare
ricerche
e
a
leggere
libri
su
quel
tema,
fino
a
quando
non
sono
incappata
nel
caso
Thissen-krupp.
L’incidente
nel
dicembre
del
2007.
C’era
materiale
su
quel
caso.
Contraddizioni,
processi,
storie
personali.
Così
ho
iniziato
a
scrivere,
ma
visto
l’incaglio
drammaturgico
in
agguato,
ho
contattato
Marco
Di
Stefano,
un
bravo
drammaturgo
che
conoscevo
da
tempo.
Abbiamo
lavorato
un
anno
sul
testo.
Io,
a
Torino,
facevo
interviste
sul
caso
e
tornavo
con
nuovi
spunti
ed
informazioni
e
a
poco
a
poco
la
struttura
ha
cominciato
ad
esistere.
Ora
il
nostro
obiettivo
è
che
il
pubblico,
per
il
tempo
dello
spettacolo,
non
riesca
realmente
a
prendere
una
posizione.
In
scena
ci
sono
i
sette
operai
morti
nell’incidente
ma
anche
i
sette
manager
condannati
per
la
scelta
di
non
mettere
a
norma
l’impianto
dell’azienda
Torinese,
per
gli
ultimi
due
mesi.
Abbiamo
creato
un
ritratto
ambivalente,
da
una
parte
l’uomo
e
dall’altra
il
ruolo.
Con
le
loro
contraddizioni,
paure
e
fragilità.
Schierarsi,
di
fronte
ad
un
caso
così
eclatante,
è
inevitabile,
ma
il
nostro
testo
parla
anche
di
tutti
gli
uomini
che
di
fronte
ad
un
bene
così
importante
come
la
“vita”,
non
riescono
a
dire
No.
E
il
progetto
‘Acciaio
Liquido’
conta
su
un
cast
di
attori
scelti
con
cura,
che
credono
in
questo
tema
d’indagine,
per
questo
la
mia
più
grande
fortuna
è
essere
circondata
dalle
persone giuste. (Lara Franceschetti)
Parmenide
di
Elea
espose
la
sua
visione
poetica
dell’universo
in
un’opera
di
cui
una
parte
è
chiamata
“la
dottrina
della
verità”
e
l’altra
“la
dottrina
dell’opinione”.
Dualità
che
indica
una
qualche
necessità
della
psiche
umana di fornire due versioni sulla natura delle cose.
I
due
modi
di
concepire
l’universo
sono
il
riflesso
di
due
personalità
all’interno
dell’individuo.
L’essere
umano
di
fronte
alla
verità
ha
un
dubbio.
I
temi
d’indagine
sono
molteplici:
libertà,
giustizia,
futuro,
indentità,
tutti
imbastiti
con
un
filo
sottile
poco
resistente.
Si
cuce
così
il
vestito
della
vita
dell’uomo
contemporaneo,
fragile,
impaurito
che
vive
nonostante
tutto,
ma
incastrato,
immobilizzato
dalla
paura.
Il
“non
rischio”
e
il
“rischio”
in
tema
di
sicurezza
con
i
suoi
molteplici
volti.
La
cecità
volontaria
che
mette
in
secondo
piano
un
bene
così
potente
come
la
vita.
Scegliere
di
vivere
mettendo
”Lei“
al
primo
posto.
Tutto
questo
senza
avere
paura,
senza
che
nessuno
possa
decidere
di
metterla
a
repentaglio
in
nome
di
un
sistema
soffocante
e
al
tempo
stesso
invisibile.
Parlare,
non
accettare,
poter
scegliere
di
dire
no.
L’uomo
contemporaneo
non
può,
non
riesce
a
dire
No.
Anche
questo
è
un
rischio,
necessità,
coraggio,
forza,
speranza
e
fiducia
in
ciò
che
si
è.
Ci
si
identifica
in
ciò
che
si
fa
e
non
in
ciò
che
si
è
…
per
questo
i
manager-operai
alla
fine
e
solo
alla
fine
di
questa
messinscena
si
toglieranno
gli
abiti da lavoro e rimarranno nudi, per non essere più.
Un
messaggio
forte
e
sentito
chiude
questo
spettacolo,
perché
il
mondo
veda.
Per
queste
vite
interrotte
non
c’è
più tempo, per chi guarda sì.