le recensioni
ESTRATTI DA RASSEGNA STAMPA
[…]
“Acciaio
liquido”
è
teatro
civile
che
non
presta
il
fianco
alla
retorica.
Evoca
la
vita
quotidiana
dentro
una
multinazionale.
Incontra
uomini
senza
bandiere,
con
fragilità,
amori
e
desideri.
Due
schieramenti
contrapposti,
quello
dei
colletti
bianchi
e
quello
delle
tute
blu,
diversi
dall’immagine
compatta
di
“classe”
cui
eravamo
abituati.
Di
Stefano
e
Franceschetti
tratteggiano
la
nostra
società,
in
cui
lavorare
può
significare
morire.
Una
storia
di
solitudine
e
abbandono
che
ci
riguarda.
La
dissoluzione
della
fabbrica
torinese
è
avvenuta
in
situazioni
tragiche
e
ha
fatto
rumore.
Ma
quanti
di
noi,
silenziosamente
e
anonimamente,
sono
privati
di
relazioni
solidali?
Nelle
tetre
atmosfere
monocrome,
tra
geometrici
bagliori
metallici
-
quasi
da
cinema
espressionista
tedesco
-
percepiamo
quel
senso
d’alienazione
e
distacco
che
prelude
alla
sciagura…
I
suoni
metallici,
le
immagini
in
bianco
e
nero,
dilatano
le
forme…un
racconto
d’ombre
con
al
centro
il
lavoro
dell’uomo
nell’industria
pesante,
in
un
tempo
che
sembra
languire.
Paradossi
dell’arte,
che
trasfigura
la
fabbrica
in
spazio
per
l’interiorità
umana,
per
il
microcosmo
dell’individualità
(…) Vincenzo
Sardelli
–
KLP
TEATRO
[…]
drammatica
premessa
(la
storia
è
conosciutissima)
da
introduzione
allo
spettacolo
“Acciaio
liquido”,
del
giovane
milanese
Marco
Di
Stefano,
con
sette
formidabili
attori,
in
un
amalgama
intepretativo
abilmente
concertato
da
Lara
Franceschetti
(anche
ideazione
e
adattamento).
Sull’allestimento
in
scena
all’Out
off,
un’ora
e
mezzo
senza
intervallo,
dobbiamo
subito
fare
dei
distinguo.
Potrebbe
essere
classificato
come
teatro
denuncia,
con
qualche
sottile
distinzione
come
teatro
civile.
Rimane
l’impianto
drammaturgico,
costruito
dal
di
dentro
della
notizia,
rimane
una
tensione
emotiva
inquietante,
anche
dolorosa,
talvolta
straziante,
ma
soltanto
come
tragedia-metafora,
fuori
dal
tempo
e
dalla
realtà,
eppure
sempre
nel
tempo
e
nella
realtà,
proprio
perché
l’abbiamo
conosciuta,
sofferta
e
condivisa.
Lo
spettacolo
offre
due
momenti
di
straziata
bellezza.
La
ribellione
di
una
giovane
vedova
con
bimbi
piccoli
che
reclama
il
nome
del
marito
per
il
figlio
appena
nato.
Contro
l’infamia
della
burocrazia…e
la
scena
finale,
quando
gli
interpreti
si
spogliano
e
rimangono
soltanto
personaggi:
come
spoglie
nude
e
disperate.
Da
groppo in gola (…)
Paolo
A.
Paganini
–
LO
SPETTACOLIERE
[…]
Un
testo
éngagé,
di
quelli
che
non
cosÌ
frequentemente
si
vedono
a
teatro
[…]
Una
grande
epopea
umana,
in
fondo,
ottimamente
giocata
sul
versante
registico
anche
grazie
ad
azioni
corali
e
quasi
coreografate
dal
forte
impatto
scenico.
Un
efficace
switch
on/off
fra
i
toni
algidi
e
performativi
degli
spregiudicati
ambienti
concorrenziali
della
logica
del
profitto
e
quelli
apparentemente
più
prosaici
e
sanguigni
narrati
dagli
operai
bloccati
a
inizio
turno
e
poi
dai
familiari,
che
ne
piangono
la
perdita
e
che
chiedono
giustizia,
sÌ,
ma
anche
umana
“vendetta”.
Non
c’è
posto
per
alcun
ideologico
buonismo.
Se
al
grido:
“Delocalizzazione!”
la
classe
dirigente
si
fa
corpo
e
sangue
e
officiante
di
un
delirante
culto
del
profitto
–
salvo
poi
lasciar
affiorare
in
controcanto
brandelli
di
vite
intrappolate,
sé
malgrado,
appena
la
tensione
si
smorza
nel
ritmo
derealizzante
del
rallenty
-,
specularmente
gli
operai
ci
sono
restituiti
nella
loro
complessità e miseria umana.
Francesca
Romano
Lino
–
FATTI
DI
TEATRO
[…]
Un’opera
che
parla
di
morte
e
di
diritti,
uno
spettacolo
vivido
e
fluido,
reale
e
cosciente.
L’equilibrio
tra
i
diversi
quadri
affrescati
da
Lara
Fraceschetti,
ideatrice
e
regista
di
Acciaio
Liquido,
rende
lo
spettacolo
vivido
e
fluido,
reale
e
cosciente,
senza
mai
calcare
la
mano
su un tema tanto delicato. […]
Christopher Ruddell -
CULTWEEK
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